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Leggende e curiosità

La "boga" de San Peder
Scrive lo storico Anselmo da Vairano (sec. XII) che i benedettini per far confluire alla loro chiesa (S. Pietro in Lodi Vecchio) i fedeli ed ottenere privilegi e benefici mille ne pensarono e cento ne fecero, facendo più volte passare per fatti storici quello che era solo frutto della loro fervida fantasia. Fra queste fantasie, particolare risalto ebbe quella che riguardava la attuale Basilica di S. Bassiano. Andavano infatti dicendo che la Basilica fosse stata fabbricata nel 305 dal Vescovo S. Giuliano e che consacrata nel 325 da S. Silvestro Papa, presente Sant'Elena, la madre di Costantino, la quale donò alla Chiesa, le reliquie dei Santi Innocenti ed un pezzo di ceppo detto "boga" a cui era stato incatenato S. Pietro. Si scoperse poi che le reliquie dei S. Innocenti erano delle ossa di pollo. La "boga" invece resistette ai secoli ed ancor oggi è venerata nella Parrocchiale di Lodi Vecchio e a lei ricorrono quanti sono morsi da cani randagi. Il Vignati nel suo volume "Lodi e il suo territorio" edito nel 1859 scrisse che nel presbitero della chiesa esisteva una iscrizione che diceva "L'anno del Signore 328 - San Silvestro papa manda un nunzio apostolico - a donare la chiave di San Pietro - che oggidì si conserva in questa Chiesa - E sana di continuo i morsicati - da cani rabbiosi". La "boga" è un pezzo di ferro cui vengono attribuite miracolose proprietà taumaturgiche: infatti chi, addentato da cane idrofobo, si rechi ancor oggi a Lodi Vecchio a "baciare" la boga viene guarito dalla rabbia. Una fama questa che ha varcato i confini del territorio e prova ne sia che numerosi sono coloro che dal cremonese, dal milanese, dal piacentino e dal pavese si recano a Lodi Vecchio per venerare la sacra reliquia e ricorrere ad essa in caso di malaugurata necessità.

Tragedie e fantasmi a Maccastorna
Quando piove e tira vento a Maccastorna, cadono i fulmini ed il cielo è color pece, sugli spalti della Rocca appaiono i fantasmi. Non uno, ma 12, avvolti nei loro bianchi sudari intrisi di sangue, vagano fra i merli del truce maniero invocando vendetta. I loro lamenti strazianti si accompagnano a rumori di catene trascinate sulle pietre, ai tonfi dei pesanti portelli di legno che sbattono ai vento. Sono le anime dei Cavalcabò (Carlo, signore di Cremona, ed i suoi fratelli Giacomo e Lodovico; il giureconsulto Andreasio ed altri "famigli" della corte cremonese) ospiti del loro castellano Cabrino Fondulo e da questi fatti trucidare nel sonno e gettati poi nelle acque profonde del grande fossato che cingeva allora la Rocca del Belpavone. Il fatto di sangue avvenne nella notte del 25 luglio 1406 e suscitò grande scalpore sia alla corte Viscontea che nel cremonese del quale il Fondulo, eliminati i Cavalcabò, si autoproclamò Signore. L'efferatezza dei delitti compiuti dal Fondulo giustificarono la pena di morte inflittagli da Filippo Maria Visconti. Nel 1425 la testa del Signore di Cremona e di Maccastorna rotolava mozzata dal boia sul selciato del Broletto di Milano. I fantasmi ovviamente esistono nella fantasia popolare, complice il vento, i lampi che illuminano sinistramente le tozze forme del maniero ed il grido gutturale di un grosso gufo (chiamata in dialetto "la pora dona"). Qualcuno che ha letto la storia dell'antico paese del Belpavone dice che i fantasmi siano molti di più, perché in quella rocca i morti-ammazzati non si contano. Prima dei Cavalcabò, nel 1271 i guelfi cremonesi conquistato il maniero passarono a fil di spada i superstiti difensori ghibellini; nel 1523 Teodoro Trivulzio fece pugnalare il conte Riccardo Bevilacqua che avanzava legittime pretese sulla rocca.

Un mare, un drago, un santo
Per le continue piogge nell'anno 1299 l'Adda, il Serio e l'Olio entrano in piena e non potendo defluire nel Po, pur esso gonfio, strariparono oltre gli argini allagando tutte le bassure da Cavenago a Cerreto, da Chieve a Rivolta. Lodi, per la sua posizione elevata, emergeva dalle acque di questa laguna larga 7-8 miglia chiamata Mare Gerondo. Ed a Lodi ripararono la gente della campagna scacciata dalle acque: l'affollamento, le carenze igieniche, la scarsità di cibo, le esalazioni provenienti dalle acque stagnanti causarono una grave epidemia. Ed è di quei tempi l'apparizione del Drago Tarantasio o Tàranto. Una specie di mostro antidiluviano: aveva il corpo di serpente, la testa enorme di sauro con enormi corna; una lunga coda e zampe palmate. L'ultima apparizione dello spaventoso drago avvenne a San Silvestro del 1299 e si dissolse nel nulla, con le acque del mare, il capodanno del 1300 per il miracoloso intervento di San Cristoforo, il Santo delle acque.

I miracoli della Madonna
Due fatti straordinari si verificarono Lodi nei secoli XV e XVI e suscitarono grande eco non solo in città e nel contado, ma in tutta la regione. Il primo si verificò nel settembre dell'anno 1447 nel cortile dell'Osteria del Montone nella contrada de' Lomellini (oggi via Incoronata) nei prassi di una "casa di malaffare". Quattro giovani si misero a litigare per una prostituta: dalle parole passarono ai fatti, e misero mano alle spade: tre contro uno. Quest'ultimo si trovò subito a malpartito, cercò di fuggire, ma finì a terra, contro un muro ove era effigiata l'immagine di una Madonna. Il malcapitato si vide perduto e si mise ad invocare la Vergine. Si udì allora - affermano le cronache del tempo - una voce che gridò "perdonate, perdonate". I tre giovani che stavano per infilzare il rivale lasciarono cadere le spade e si riappacificarono con lui. La voce si propagò subito per Lodi e l'immagine fu oggetto di venerazione. Non molto tempo dopo un altro fatto miracoloso (la guarigione di uno storpio dalla nascita) decretò la fine della "casa chiusa". Il popolo chiese ai maggiorenti della città che venisse demolito lo stabile e le prostitute venissero allontanate dalla città. L'edificio venne abbattuto e sull'area venne eretto lo stupendo tempio dell'Incoronata (1487). L'affresco con l'effige della Madonna è ancora visibile ed è collocato sull'altare maggiore del tempio stesso. Il secondo fatto miracoloso accadde all'ora sedicesima del 7 settembre 1515. Da una immagine della Vergine dipinta sul muro del Palazzo di Giustizia (ora corso Umberto) sotto la quale stavano duellando due giovani si udì una voce esclamare "pace, pace, pace!". Riappacificazione dei due rivali e giubilo in città che incominciò a venerare la miracolosa immagine della Madonna della Pace.